Premessa
La pallamano è uno sport appassionante, ancora non conosciamo bene quale aspetto attira i suoi praticanti, se la sua dinamica, le abilità dei giocatori necessarie per il suo sviluppo, o se la forte interazione tra i giocatori.
Insegnarla non è un compito facile; i pressapochisti direbbero che basta saper passare, ricevere, tirare o palleggiare, in realtà è molto più complessa, dinamica e imprevedibile. E la difesa?
Questo è un aspetto del gioco spesso sottovalutato o dimenticato dagli allenatori, perché si dà per scontato che i nostri atleti siano in grado di saper difendere, come se DIFENDERE fosse semplice!
Nella realtà si dimentica che nel corso in una partita di pallamano, circa la metà del tempo i nostri giocatori lo trascorrono portando a termine compiti di difesa. Tuttavia, l’allenamento non si organizza tenendo in conto di questa circostanza; gli allenatori dedichiamo molto più tempo a migliorare i compiti offensivi. Il gioco moderno invece, richiede giocatori capaci che siano in grado di saper attaccare ma anche saper difendere e bene!
CHE COS’È DIFENDERE?
La situazione difensiva è caratterizzata dal non possesso della palla. Per realizzare il gol è necessario recuperarla. Il recupero può avvenire in forma passiva (aspettare l’errore dell’avversario, per esempio imperizia nella realizzazione di un passaggio o dopo un tiro sbagliato) o anche in forma ATTIVA, cioè intercettando la palla, il che impedisce all’avversario di avanzare per tirare. L’intercetto attivo rientra nel quadro di una formazione mentale del difensore: imporsi nella relazione di forze individuale e collettiva che lo oppone agli attaccanti. (C. Bayer).
L’argomento di questo post riguarda l’aspetto difensivo, ed è con grande soddisfazione che scrivo queste poche righe per introdurre il topic perché “conosco” l’enorme lavoro e il rigore che ci sono dietro le oltre 30 pagine che seguiranno, dove tutto è stato studiato, visionato e provato prima di divenire parole penetranti per l’attività quotidiana degli allenatori; l’autore è uno dei massimi studiosi della pallamano nel mondo, se non addirittura il massimo, lo stimatissimo Prof. Juan Lorenzo ANTÓN GARCÍA, titolare della cattedra di Pallamano l’Istituto Nacional de E.F. e della Escuela Nacional de Entrenadores (Scuola degli Allenatori Spagnola), autore di moltissimi libri (ne possiedo una dozzina… ), lettore IHF, Master Coach EHF oltre che scrittore di centinaia di articoli sul nostro fantastico sport.
P.S.: questo articolo è stato pubblicato nel libro “Innovaciones y contribuciones para la evolución del juego” Volumen III
CHE COSA È DIFENDERE? ANALISI DELLE INTENZIONI TATTICHE INDIVIDUALI DIFENSIVE E IL LORO CONCETTO DI FUNZIONAMENTO SISTEMICO[1] (Parte 1)
Prof. Juan Lorenzo ANTÓN GARCÍA (SPA)
- Breve promemoria del concetto e della struttura del gioco collettivo difensivo.
- Gli obiettivi del gioco in difesa, come punto di partenza del funzionamento individuale e collettivo.
- Ruoli difensivi, obiettivi e alternative d’intervento.
- Le intenzioni tattiche individuali e il loro concetto sistemico.
- Origine, evoluzione e analisi delle intenzioni tattiche individuali nella pallamano del XXI Secolo.
- Conclusione finale.
- BREVE PROMEMORIA DEL CONCETTO E DELLA STRUTTURA DEL GIOCO COLLETTIVO DIFENSIVO.
La difesa è quell’attività sviluppata quando la squadra non è in possesso della palla. Tutta l’attività difensiva si dirige fondamentalmente verso il recupero della palla. Ma questo recupero della palla non è facile raggiungerlo per mezzo di attività isolate e individuali dei giocatori, per questo è essenziale cooperare e sincronizzare gli interventi dei giocatori nella combinazione esatta dei parametri spaziali (dove), temporali (quando) e modali (come). Detto in altra forma, i difensori devono unire le loro forze e le loro intelligenze per eseguire in maniere diverse movimenti tecnici negli spazi e in momenti corretti che seguono un ordine determinato per la situazione del gioco in ogni momento.
L’organizzazione collettiva della difesa suppone che il giocatore conosca le possibilità dei mezzi tattici individuali e collettivi, e rispetti i principi tattici specifici del gioco difensivo. Il recupero della palla costringe a coordinare le capacità dei vari giocatori in forma simultanea, successiva e alternativa, coordinazione che dà luogo ai diversi modelli tattici di gruppo che si devono controllare per contrastare le azioni dei giocatori attaccanti, basati sulle capacità individuali di ognuno, e che si devono sviluppare in base all’adempimento dei principi specifici del gioco difensivo.
La variabilità del gioco della squadra avversaria è un fattore determinante che obbliga a disporre un’ampia varietà dei mezzi che permette d’agire contro l’avversario con efficacia, e le cui basi radicano in buone condizioni di allenamento fisico e in una permanente attitudine di collaborazione tra i difensori.
Ma per realizzare questo lavoro collettivo difensivo è necessario conoscere la struttura dell’attività e la sua funzionalità. Intendendo com’è la struttura è più facile apprendere e perfezionare il gioco collettivo difensivo di una squadra. Allo stesso modo in cui sei facce o le superfici identiche di una cassa non formano un cubo per semplice giustapposizione, e la chiave è la forma nella quale si collocano alcune facce rispetto alle altre, il gioco difensivo richiede una strutturazione secondo una logica e un certo ordine (figura 1).
Figura 1. Il funzionamento della difesa adotta una struttura di obiettivi e mezzi tattici interconnessi.
La funzionalità generale della difesa inizia, dunque, dagli obiettivi che nascono dai principi generali e specifici che costituiscono le linee direttrici della condotta. La condotta si sviluppa attraverso delle intenzioni tattiche individuali difensive, la cui interazione dà luogo a mezzi tattici di gruppo difensivi, inquadrati in un sistema di gioco concreto che può essere sviluppato scegliendo tra le varie forme d’intervento.
2. GLI OBIETTIVI DEL GIOCO IN DIFESA, COME PUNTO DI PARTENZA DEL FUNZIONAMENTO INDIVIDUALE E COLLETTIVO.
L’attività difensiva comincia con gli obiettivi. Sapendo cosa perseguiamo possiamo determinare le possibili alternative e scegliere la più raccomandabile per i nostri interessi basati sulle nostre capacità. E se il vincitore dell’incontro è la squadra che può realizzare più gol, è ovvio che l’obiettivo principale del gioco difensivo è evitare gol.
Figura 2. Missioni generali e specifiche dell’attività difensiva.
Per raggiungerlo, la difesa deve considerare una serie di obiettivi sequenziali, in modo che l’avversario che tenta di realizzare gol cercherà di costruire situazioni comode per tirare con efficacia attraverso delle combinazioni o procedimenti tattici, la maggior parte delle volte in zone vicine all’area di porta e, infine, necessiterà di tirare in porta. Da questa sequenza generale dell’attacco viene fuori che la difesa può agire spezzando qualsiasi delle sue parti, ma in tutti i casi, deve contrastare la fase di conclusione del gioco, nella quale culmina l’attività. Ostruendo questa sequenza, annullandola, prevenendola, ritardandola o alterandola in qualsiasi maniera – seguendo i modelli prescritti dalle regole – potremmo raggiungere il nostro obiettivo. Qualsiasi di questi obiettivi offre rotte differenti e alternative per considerare l’attività difensiva, che richiederà con frequenza diverse capacità e mezzi tecnico – tattici che si dovranno valutare prima e durante la partita, tenendo in conto le circostanze mutevoli che si producono, per scegliere una o un’altra forma d’intervento (figura 2).
Partendo da questi obiettivi si arriva ai principi del gioco difensivo, cioè, queste idee basiche che in ogni momento devono governare la condotta del giocatore. La maggior parte degli studiosi dello sport collettivo convengono nell’evidenziare i seguenti principi generali del gioco difensivo:
- Il recupero della palla.
- L’impedimento della progressione della palla e degli avversari verso la mia porta.
- La protezione della porta.
È imprescindibile recuperare la palla per poter realizzare gol, ragione per la quale l’idea di tornare a possederla deve segnare le linee guida del comportamento di ogni giocatore. La loro attuazione implica adottare attitudini d’iniziativa difensiva a partire dal momento della perdita della palla, pressando il possessore, attaccando il braccio esecutore dello stesso, tentando di accedere a esso in qualsiasi forma seguendo le regole del gioco, e in tutte le fasi del gioco difensivo. Ma un’evoluzione importante di questo principio esige anche una significativa manifestazione delle capacità fisiche e di modi tecnici individuali non sempre possibili da mantenere durante un periodo di tempo prolungato. Pertanto, la strutturazione gerarchica di uno o di altri principi varierà da una partita all’altra e in funzione dell’andamento di ogni incontro.
Il secondo grande principio dell’attività difensiva si relaziona con il cercare di impedire o prevenire la progressione della palla e degli avversari verso la porta che si difende. In maniera tale che, se la palla e l’avversario sono più vicini all’area difensiva propria, più facile sarà realizzare gol. Al servizio di questo principio si mettono in evidenza diversi mezzi tecnici e tattici, come per esempio, l’attacco contro i successivi possessori di palla realizzando gli spostamenti difensivi in avanti, marcando in prossimità e contatto con il braccio esecutore del possessore della palla, ostruendo o ostacolando i suoi spostamenti, marcando la traiettoria di passaggio o usando diverse intenzioni tattiche come la dissuasione, etc.
E dato che i gol dell’avversario si realizzano tirando in porta, il terzo principio appare immediatamente: è necessario proteggere la nostra porta situando i giocatori con una disposizione e una distribuzione che assicuri questa protezione. La distribuzione degli spazi, l’assegnazione degli stessi a ogni difensore, la protezione dell’avversario diretto responsabile del possessore, il numero di giocatori situati su diverse linee del gioco, saranno, tra gli altri, i fattori che si devono valutare per poter ottimizzare l’efficacia di questo principio del gioco difensivo.
3. RUOLI DIFENSIVI, OBIETTIVI E ALTERNATIVE D’INTERVENTO.
Il rendimento difensivo implica la partecipazione differenziata di due tipi di ruoli che agiscono come un’unità funzionale inseparabile: avversario diretto del possessore e avversario diretto del non possessore. Ognuno di questi necessita gerarchizzare in ogni momento i propri obiettivi concreti, di quelli che appaiono alternative di funzionamento che si manifestano nel gioco con l’uso di diversi mezzi tecnico – tattici individuali, cioè, gli strumenti principali dello sviluppo dei mezzi tattici di gruppo. Nella figura 3 possiamo vedere schematicamente come si produce la funzionalità globale di questi ruoli e le loro alternative.
Se parliamo dell’avversario diretto del possessore, la missione generale è evitare o ritardare la progressione dell’avversario a una distanza efficace e prevenire che il suo avversario ottenga una situazione favorevole per realizzare tiro con successo. Deve essere inteso che quando qui parliamo del concetto “distanze efficaci” non ci riferiamo solo al tiro, ma anche all’efficacia nel gioco 1 contro 1, o il pericolo generale che può avvantaggiare l’attaccante. L’avversario del non possessore, dall’altra parte, deve tenere conto come missione generale, di evitare o ridurre la collaborazione affinché il possessore possa ottenere una situazione favorevole per tirare.
Questi obiettivi si possono prendere a effetto decidendo tra le alternative seguenti: nel caso dell’avversario del possessore, deve evitare che l’avversario avanzi verso distanze efficaci, per quello deve mantenere una posizione bassa equilibrata, una collocazione conveniente sulla traiettoria di tiro, realizzare alcuni spostamenti adeguati in profondità o usare le finte difensive che alterano gli spazi e rendano difficile la valutazione della distanza all’attaccante.
Figura 3. Ruoli difensivi, obiettivi e alternative basiche di intervento.
In secondo luogo, l’avversario del possessore deve evitare o prevenire il tiro, specialmente se non è stato capace di evitare che il possessore raggiunga distanze efficaci, usando i marcamenti adeguati della tecnica per evitare di tirare con opportuno contatto fisico sul braccio esecutore, o anche di valutare le possibilità di bloccare la palla; il terzo obiettivo è evitare di essere superato nel gioco di finte 1 contro 1, alternativa che succederà con più frequenza nella misura in cui si conoscono le capacità del rivale, per il quale richiederà l’uso degli spostamenti, di cambi di direzione, il contatto fisico adeguato, o delle finte difensive che provochino errori al rivale (offrire e occupare spazi); deve ostacolare anche la comunicazione del possessore con i suoi compagni di squadra, in particolare quegli avversari situati all’interno del dispositivo difensivo (nei 6 metri), ricorrendo ai movimenti segmentari delle braccia (braccia a lama o a “mulino”), così come una buona collocazione e una posizione basica equilibrata. Infine, completerà i suoi obiettivi con la possibilità di recuperare direttamente la palla, usando posizioni e situazioni che permettano i blocchi difensivi – provocando il fallo dell’attaccante – rubare direttamente la palla durante l’azione di palleggio o, nel caso di una cattiva protezione della palla, direttamente dalla mano del possessore sempre con un movimento breve della mano ed evitando azioni violente, etc.
Le alternative basiche di qualsiasi degli avversari diretti dei non possessori della palla sono due: ostacolare gli smarcamenti e gli spostamenti che creano spazi liberi per il possessore, in particolare se questi avvengono vicini all’asse longitudinale del terreno di gioco e vicini all’area di porta, e in secondo luogo, ostacolare gli aiuti diretti al possessore quando si tentano i blocchi per cercare di liberarlo. Nel primo caso, gli strumenti tecnici saranno la posizione difensiva basica e gli spostamenti di ostruzione, con l’orientamento corretto del corpo che permette di controllare un buon campo visivo avversario – posizione della palla, e che prevenga l’accesso agli spazi più pericolosi, a questo si deve aggiungere l’azione delle braccia collocate sulla traiettoria di passaggio, mentre nel secondo caso l’attività richiede oltre ad un uso adeguato dei cambi di direzione e l’uso del proprio corpo per bloccare difensivamente i tentativi del blocco dell’attaccante.
4. LE INTENZIONI TATTICHE INDIVIDUALI E IL LORO CONCETTO SISTEMICO
Le diverse condotte del difensore sorgono dai principi o dalle norme generali, e sono rappresentate dalle intenzioni tattiche individuali, che si sviluppano con migliore o peggiore livello in funzione delle capacità dei giocatori e della loro conoscenza tattica, così come per il bagaglio di esperienza che ogni giocatore possiede. Partendo da un adeguato apprendimento delle condotte percettive o dal riconoscimento degli indizi significativi e rilevanti del gioco (OSSERVARE LA SITUAZIONE DI GIOCO), il giocatore ricorre alle condotte di decisione per scegliere adeguatamente le soluzioni che si devono applicare in ogni momento (DECIDERE CHE COSA FARE). Una volta scelta la soluzione più conveniente, si passa alle condotte esecutive (IL MOVIMENTO TECNICO IN SE STESSO), che si converte così nella parte o fase dell’atto difensivo percettibile dall’esterno. Una connessione adeguata tra i tre tipi di condotte mostra le diverse intenzioni tattiche difensive, cioè, la manifestazione pratica del comportamento tattico del giocatore. A seconda che il difensore diretto è il possessore della palla o no, della distanza e dal luogo in cui è – più o meno lontano dalla palla, dalla porta, dal centro del campo, dalla sua distanza efficace, dagli appoggi che ha il possessore in ogni momento, dalla collocazione esatta della palla, etc. le intenzioni tattiche si possono mostrare in diverse forme, che danno luogo alle diverse maniere di condotta e all’uso di vari elementi e sfumature della tecnica, tali e come possiamo osservare nella figura 4. La connessione conveniente delle intenzioni tattiche tra gruppi di giocatori mostra le varianti tattiche nei mezzi tattici di gruppo difensivi.
Le intenzioni tattiche si esteriorizzano, dunque, in una maniera interrelazionata o sistemica, concatenando alcune con altre in forma variabile e constante in funzione degli indizi rilevanti del gioco e alle circostanze di ogni momento dell’incontro. Logicamente, a seconda che il difensore è l’avversario diretto del possessore o avversario di qualsiasi dei non possessori, la manifestazione di queste intenzioni e i loro concatenamenti saranno differenti. Sebbene, quasi tutte le intenzioni tattiche possono essere realizzate da tutti i difensori, ce ne sono alcune più appropriate del difensore del possessore e altre esclusive del non possessore, così come possiamo osservare nella figura 4.
Figura 4. Struttura generale delle intenzioni tattiche individuali difensive, i loro concatenamenti e le relazioni.
5. ORIGINE, EVOLUZIONE E ANALISI DELLE INTENZIONI TATTICHE INDIVIDUALI NELLA PALLAMANO DEL XXI
La concezione originale delle intenzioni tattiche individuali ha la sua origine nella scuola francese, fondamentalmente attraverso dei lavori di Claude Bayer, e che questo autore diffuse in una forma più ampliata nel suo testo “La formacion del jugador”[2]. Negli anni 80, questa nuova interpretazione dell’apprendimento del gioco rompeva con quelle tradizionali concezioni dell’insegnamento esteso fino a questo momento che basava l’apprendimento sull’aspetto tecnico, cioè, sul cosa fare e come farlo, dimenticando qualcosa di molto importante com’è il perché o il quando farlo. Questa è la grande differenza e lo straordinario apporto della scuola francese nel progresso della pedagogia della pallamano. Ma da lì in poi la pallamano ha sperimentato un’importante evoluzione, in particolare nella sfumatura difensiva alla quale noi ci stiamo riferendo. In questa maniera si è prodotto una grande passo in avanti determinato dal notevole incremento dell’iniziativa difensiva, il che ha messo in evidenza in molti giocatori intenzioni tattiche difensive nuove rispetto a quelle che Bayer pianificò nel suo momento.
Le intenzioni tattiche difensive inizialmente proposte da questo accreditato autore francese furono le seguenti:
- Intercettare
- Controllo del non possessore di palla.
- Dissuadere.
- Pressare
- Controllo a distanza del possessore di palla
- Coprire.
- Raddoppiare
Tuttavia com’è logico tutte le concezioni possono essere discutibili e oggetto di differenti controversie, nella nostra opinione le due ultime intenzioni tattiche che segnalava Bayer (coprire e raddoppiare), farebbero parte più in quello che personalmente abbiamo integrato come mezzi basici di gruppo preventivi, concezione che abbiamo sviluppato con ampiezza nel nostro testo di Táctica Grupal Defensiva[3]. Di fatto, proprio Claude Bayer spiega con chiarezza che coprire e raddoppiare corrispondono ad azioni di collaborazione con i compagni quando scrive, tra le altre cose:
“Qualsiasi sia il sistema difensivo che si utilizza, il giocatore deve tenere conto rapidamente delle azioni dei suoi compagni per poter giocare con questi”.
O quest’altra frase:
“A volte, un intercetto errato porta un compagno a sostituire il primo superato; pertanto, bisogna tenere in conto […] quello che fa il compagno, avvicinandolo alcune volte quando si trova in difficoltà”.
Di conseguenza, queste due originali intenzioni tattiche che ha proposto Bayer in questo lavoro le ovvieremo, concentrandoci nelle altre menzionate, ma allo stesso tempo integrando altre nuove che hanno messo in mostra altri giocatori d’élite che, a loro volta, sono stati i modelli che molti altri pallamanisti hanno imitato in una forma o nell’altra e hanno perfezionato con il tempo.
Nella pallamano del XXI secolo intendiamo che si producono le seguenti intenzioni tattiche individuali difensive:
- Controllo a distanza del possessore di palla.
- Controllo dell’avversario diretto/non diretto e non possessore.
- Dissuasione.
- Della ricezione.
- Del passaggio.
- Del tiro.
- Intercetto.
- All’inizio del passaggio.
- Alla fine del passaggio.
- Durante il palleggio e furto della palla.
- Pressing.
- Ostruzione delle traiettorie di tiro.
- Ostruzione delle traiettorie di spostamento.
- Offrire spazi.
- Invasione anticipata di spazi sull’avversario con la palla.
Sebbene non è l’obiettivo di questo lavoro spiegare con dettaglio e ampiezza ognuna di queste intenzioni tattiche individuali, crediamo che sia conveniente ripassare brevemente alcune delle loro caratteristiche.
1. Controllo a distanza del possessore di palla: |
Mentre il possessore della palla si trova lontano dalla sua distanza efficace, l’avversario diretto mantiene un’attitudine di vigilanza[4], dato che in questo momento non rappresenta un pericolo immediato e il difensore può rimanere raggruppato nel blocco difensivo chiudendo spazi gli spazi d’intervallo e ostacolando gli smarcamenti di altri attaccanti o azioni che permettano di aiutare il possessore. Per questo il difensore adotta una posizione di base equilibrata e orientata verso il possessore, senza lasciare di percepire altre componenti del gioco, e rimanendo predisposto a realizzare lo spostamento frontale in ogni caso corrispondente.
Foto 1. Controllo a distanza del possessore (fuori dalla distanza efficace). L’avversario del possessore, inquadrato nel cerchio, mantiene una posizione equilibrata e un buon orientamento, con attitudine d’attesa. L’avversario del non possessore mantiene un buon campo visivo contemplando il possessore e il suo avversario diretto.
Non sempre il difensore deve essere sulla traiettoria di tiro del possessore, ma deve valutare le traiettorie prevedibili così come i punti forti e deboli dell’attaccante che gli permettono di anticipare. La maggiore o minore distanza di separazione rispetto al possessore dipenderà dalla situazione più o meno lontana dalla sua distanza efficace così come dalle traiettorie che sta utilizzando. Nella misura in cui si nota il pericolo il difensore deve avanzare (marcamento in prossimità). Il campo visivo ampio è molto importante nell’esecuzione di questa intenzione tattica.
2. Controllo dell’avversario non diretto: |
Questa intenzione tattica costituisce una chiara manifestazione dell’attività percettiva necessaria in difesa. È necessario mantenere un angolo di percezione visiva che contempli simultaneamente il possessore della palla – sia questi avversario diretto o no – e gli altri attaccanti, sebbene non siano avversari diretti. Se il possessore non si trova a distanza efficace, il difensore coinvolto può aiutare i propri compagni a ostacolare qualsiasi tipo di iniziativa dei non possessori. Queste due prime intenzioni sono fondamentali per tutte le altre, per quello che, sebbene apparentemente non sembri che una sua cattiva esecuzione non rappresenti un pericolo immediato per la difesa, sono la fonte della maggior parte degli errori. La distanza della palla dall’avversario come la sua pericolosità (è un buon tiratore, pericoloso fintatore, etc.) costituiscono fattori da valutare nell’esecuzione (foto 1).
3. Dissuasione: |
È un modo d’agire anticipato del difensore sulle traiettorie di passaggio il cui obiettivo è evitare la trasmissione della palla all’attaccante sul quale realizziamo la dissuasione (ricevitore potenziale del passaggio). Questa intenzione deve essere più frequente quando questo ricevitore potenziale è particolarmente pericoloso o è in una zona in cui è più pericoloso (dissuasione della ricezione). Con la dissuasione il difensore riesce anche a ridurre il ritmo dell’azione collettiva della squadra attaccante, così come orientare il gioco verso un’altra zona in cui si suppone che la difesa sarà più compatta o agisce di più in blocco (sequenza 1). Si può realizzare su qualsiasi attaccante, sebbene deve essere praticamente costante sul pivot per la pericolosità della zona in cui agisce e abituale quando s’utilizza una difesa mista o individuale su un determinato giocatore. Ci sono squadre che per molti minuti decidono che i loro esteriori (primi difensori) agiscano in maniera sistemica in dissuasione di ricezione sulle loro rispettive ali, tuttavia non sempre è raccomandabile. Bisogna collocare un braccio esteso davanti all’avversario verso la zona della palla che, in funzione della posizione della palla, può essere l’uno o l’altro braccio.
Sequenza 1. Dissuasione di ricezione dell’avanzato sul centrale attaccante (passaggio C – B). Di fronte alla difficoltà di passare la palla per la pressione esercitata sul centrale attaccante, il terzino destro attaccante palleggia e si dirige verso la porta.
Foto 2. Dissuasione di ricezione realizzate dai difensori in distinte forme sul pivot. Il difensore di destra mantiene il suo campo visivo controllando il possessore mentre colloca il suo braccio sinistro davanti al pivot per mezzo di una rotazione. Il difensore di sinistra dell’immagine estende il suo braccio destro davanti al pivot senza ricorrere alla rotazione del corpo.
Foto 3, 4 e 5. Due esempi di dissuasione della ricezione sulle ali. Nell’immagine di sopra vediamo come l’esterno difensivo è orientato verso il terzino possessore, avanzando la sua gamba destra e con il braccio destro esteso lateralmente. Nel secondo caso, l’esterno difensivo si orienta più verso il suo avversario, tuttavia mantiene nel suo campo visivo ugualmente la palla e il possessore. Il primo esempio solitamente si realizza normalmente quando si valuta più la pericolosità del terzino nelle sue azioni di finta verso il lato debole, mentre la seconda opzione si impiega quando si valuta più la pericolosità dell’ala negli smarcamenti.
Possiamo effettuare anche la dissuasione del passaggio, che si esegue direttamente sul possessore della palla, una volta comprovata la difficoltà che ha quest’ultimo a tirare, ha esaurito il ciclo dei passi e ha arrestato il suo spostamento. Tuttavia questa modalità d’intenzione tattica si può realizzare in una forma diretta sul possessore di palla quando si trova fuori dalla distanza efficace, è frequente che si concateni anche con un pressing precedente, con il conseguente contatto fisico. Il difensore, dopo questo contatto e marcamento adeguato sul braccio esecutore, allenta l’attaccante e con l’azione delle braccia agendo a mo’ di “lama” o a “molino”, tenta di chiudere alcune traiettorie di passaggio verso una determinata zona (verso l’interno del dispositivo difensivo – foto 7, ossia verso uno dei due lati – foto 6).
Foto 6 e 7. Dissuasioni di passaggio realizzate dall’avanzato verso i terzini. Nella foto a sinistra si realizzare sulla relazione tra i terzini, e a destra in una possibile connessione con l’interno.
La dissuasione del tiro persegue obiettivi similari al precedente ma si concentra fondamentalmente nel chiudere una via o zona di tiro, e l’azione tecnica è identica alla modalità precedentemente indicata (braccia in continuo movimento situate nella zona che si pretende chiudere). Al contrario delle precedenti, nelle quali abbiamo accentuato che si devono realizzare sulla traiettoria di passaggio, la posizione del difensore è sempre sulla traiettoria del tiratore (foto 8 e 9).
Foto 8 e 9. Dissuasione dei tiri. L’avversario diretto non si trova a una distanza efficace, ma si sta avvicinando, e il difensore dissuade il possessore di un possibile tiro sopra la testa.
[1] Esposizione presentata nel Corso Master Coach presentato a Rogla (Slovenia), 9 – 14 Giugno, 2013, con il titolo: “Systemic and linking” concept in the development and opertion of the defensive individual tactical intenstions in modern handall.
[3] Vedere Bayer, C., (1984), Técnica del balonmano: la formacíon del jugador, Hispano Europea, Barcelona.
[3] Vedere Antón, J., (2002), Balonmano, táctica grupal defensiva: Concepto, estrucutra y metodologia, Grupo Editorial universitario, Granada.
[4] Di fatto, nella concezione metodologica antica, le scuole ceca e tedesca chiamavano questa azione “marcamento di vigilanza”, adottato e tradotto dalla scuola francese come “surveillance”.
Indossa una divisa, ex atleta di discreto livello. Tantissimi campionati di Serie A2 e uno di Serie A1 a Enna. Allenatore di diverse formazioni in Sicilia. Allenatore di 3° livello , formatore FIGH, ama aggiornarsi come confermato dalla costante presenza a corsi di aggiornamento, in Italia e all’estero. Referente per l’Italia del corso “Analisi del gioco nella Pallamano” del Prof. Oscàr Gutierrez.