Giocare e far giocare. La formazione del giocatore nell’attacco posizionale (2^ parte) – Prof. Manuel Laguna Elzaurdia

GIOCARE E FAR GIOCARE

La formazione del giocatore per l’attacco posizionale (2^ parte)

Prof. Manuel LAGUNA ELZAURDIA

 

        RENDERE PERICOLOSI I COMPAGNI

È verità che dobbiamo contare su giocatori poderosi, tuttavia corriamo il pericolo di finire valutando un giocatore in attacco solo per la sua capacità di fare gol. Il valore reale di un attaccante è determinato non solo per il pericolo diretto che crea alla porta avversaria ma anche per la capacità che ha di rendere pericolosi i propri compagni. In effetti, ci sono giocatori che con il loro modo d’agire riescono a moltiplicare il valore di quelli che gli giocano a fianco.

Come ottengono questo? Tento di spiegarlo. 

  • Le basi del gioco collettivo: Il fissaggio ed il passaggio

Il gioco offensivo è – o dovrebbe essere – molto più che una somma di vari “1×1” successivi. Questo si ottiene essenzialmente attraverso due elementi basilari: i passaggi che ci mettono in comunicazione con altri attaccanti, e le fissazioni che ci relazionano con i rivali. L’utilizzo adeguato di questi due elementi è il primo passo per la creazione di un gioco collettivo coerente.   La mia opinione è che il binomio Fissaggio-Passaggio è la malta che ci permette di costruire l’edificio dell’attacco. Indubbiamente, ci sono molte più cose da fare a parte fissare e passare, ma queste azioni sono quelle che servono da vincolo a tutto il resto e nelle quali vediamo specchiata la maggiore o minore intenzionalità del gioco collettivo. 

  • Il fissaggio: un fallimento molto produttivo

Visto dall’ottica della lotta 1×1, un fissaggio sembra un successo del difensore, o quello che è la stessa cosa, un fallimento dell’attaccante che non riesce a superare il proprio avversario. Tuttavia dall’ottica collettiva può costituire un successo rotondo; tutto dipende dall’utilizzo che si fa dello stesso. 

Come capitalizzarli? Vediamo alcune idee classiche.

    A. Fissaggio “avversario diretto”: Ampliamento dello spazio utile di manovra dei compagni

Esiste un’evidenza: nel gioco 1×1, maggiore spazio utile di manovra, maggiore vantaggio per l’attaccante. Se, attraverso un fissaggio, un attaccante riesce a portare il suo rivale al posto adeguato, provoca un miglioramento nelle condizioni spaziali di attuazione del proprio compagno.

AMPLIARE LO SPAZIO LARGHEZZA

AMPLIARE LO SPAZIO IN PROFONDITA’

                                                                

     B. Fissaggio “avversario diretto” ed incrocio: Genera superiorità numerica

Un’altra forma di capitalizzare i fissaggi “sull’avversario diretto” è cercare l’errore nel cambio di avversario attraverso un incrocio. In questo modo si libera un compagno dal suo marcatore, situazione che egli stesso può sfruttare per concludere o risolvere collettivamente attraverso la situazione di superiorità numerica che si crea. 

 

   FISSAGGIO AVVERSARIO DIRETTO: INCROCIO

                     

     C. Fissaggio “avversario non diretto”: Genera superiorità numerica

Indubbiamente un giocatore può fissare anche un difensore che non sia il suo avversario diretto, cioè ottenere un fissaggio “dispari”. In questo caso ottiene uno smarcamento indiretto di un compagno che, come nel caso precedente, può essere capitalizzato direttamente dal beneficiario o attraverso lo sfruttamento della situazione di superiorità numerica che si genera. 

      FISSAGGIO AVVERSARIO INDIRETTO: SMARCAMENTO

Desidero fare una considerazione: la superiorità numerica non è un gran vantaggio se non si dispone di sufficiente spazio utile di manovra. Un’inferiorità difensiva 1×2 o 2×3 si difende attualmente con una percentuale alta di successo se si crea in spazi ridotti. 

È molto importante evidenziare che gli attaccanti, quando fissano, devono tentare di “attrarre” i difensori, non andare “verso” i difensori. Si tenta di generare una situazione dove, oltre al possibile vantaggio numerico degli attaccanti, ci sia la sufficiente ampiezza spaziale per risolverla con comodità.

  • Il ruolo tollera tutto…  Ma si gioca nel campo: Fissare l’attenzione 

Quello che ho messo nei paragrafi precedenti è risaputo, ma lo dovevo mettere per fare la seguente riflessione: Posso mettere un grafico dove posiziono vari attaccanti e vari difensori, e fare apparire come evidenti le superiorità numeriche che si generano o gli spazi che si aprono ma non posso fare apparire gli atteggiamenti e le intenzioni dei protagonisti. 

La parte “geometrica” dell’attacco – dove facciamo andare i difensori, dove ci posizioniamo noi, se sono grandi o piccoli gli spazi liberi di occupazione difensiva in zona efficace – è importante. Ugualmente lo è la parte “aritmetica” – quanti attaccanti e quanti difensori sono in condizioni di intervenire – ma non lo è del tutto, niente affatto. “Giocare Bene” è qualcosa più che realizzare le “aspettative matematiche” del progetto offensivo. Nella lotta entrano molti più ingredienti: le intenzioni, le apparenze, le interpretazioni che alcuni ed altri fanno di quello che succede… 

Per questo motivo, tanto importante come fissare fisicamente in un posto uno o vari difensori è “Fissare l’attenzione” o “Sviare l’attenzione” del maggior numero possibile di difensori.

Pensiamo, per esempio, ad un giocatore con la palla che penetra verso la porta ed obbliga uno o vari difensori a spostarsi per tentare di neutralizzarlo, si apre un vuoto nella difesa ed un altro attaccante cerca di approfittarne smarcandosi verso quella zona, il giocatore con la palla ignora questa situazione e si alza per tirare armando il braccio, il tiro sembra imminente, ma all’ultimo istante passa la palla al suo compagno smarcato. Questa azione in un grafico si potrebbe rappresentare esattamente, come se il giocatore con pallone, al momento che si muovono i difensori ed il suo compagno inizia lo smarcamento, smette di avere un atteggiamento offensivo, concentra tutta la sua apparente attenzione sul compagno che si sta smarcando e gli dà la palla. Le conseguenze “matematiche” sono le stesse in entrambi i casi, tuttavia è molto probabile che l’azione fosse molto meno efficace nel secondo caso che nel primo; non solo perché i difensori che si sono mossi per neutralizzare il tiro avranno più possibilità d’intervenire sul passaggio, smettendo di preoccuparsi del tiro, bensì perché la delazione delle intenzioni faciliterà di adattare la reazione del resto dei difensori. 

Ho fatto l’esempio di un giocatore che attrae tutta l’attenzione dei difensori verso di sé per facilitare il lavoro del suo compagno, ma ugualmente faciliterebbe il successo di questo smarcamento se avesse “deviato l’attenzione” di tutti verso un altro punto, simulando un passaggio ad un compagno di un’altra zona o tramite qualunque altra azione.

La cosa certa è che le intenzioni, reali o apparenti, influiscono molto oltre il rivale diretto o i difensori vicini. In realtà condizionano la risposta della totalità della difesa poiché sono la base sulla quale si sostenta l’anticipo dei rivali. Il proposito di fissare l’attenzione – o deviare l’attenzione verso un determinato posto – permette al giocatore non solo agire sul suo avversario diretto o i difensori prossimi, ma anche avere influenza praticamente su tutti i difensori. 

  • L’importanza della tecnica

Un attaccante che non lascia trasparire i suoi propositi, o che è capace di creare l’apparenza di un proposito che non è quello che ha in realtà, è un giocatore complicato per i difensori. Tuttavia la dinamica del gioco non permette ai giocatori, nella maggioranza delle occasioni, di preoccuparsi dell’immagine che stanno dando. Non stiamo dentro un’opera teatrale, dove c’è un copione con più o meno sorprese. Siamo in un’attività dove i giocatori devono essere capaci di interpretare quello che succede, le circostanze che si succedono e cambiano forma vertiginosamente, ed adattare la loro reazione nel minimo tempo possibile in una lotta costante con gli avversari. Ho già detto in molte occasioni che nella pallamano non “vince quello che più sa bensì quello che prima e meglio reagisce”. In queste condizioni, quello che gioca con un livello di autocoscienza alto, quello che continuamente “riflette su sé stesso” e cerca coscientemente ogni particolare di quello che fa, rimane molte volte fuori dal gioco. Non si cerca di agire in forma incosciente, bensì di concentrarsi negli obiettivi e reagire agli stimoli esterni più significativi, evitando la continua autoanalisi. Quando si cerca di controllare in forma esaustiva la propria azione si passa dall’essere attore ad essere spettatore ed il rendimento cade in picchiata. La gente ammira i giocatori che “sanno leggere la partita”, ma a me piacciono molto più i giocatori che “la scrivono”.  E la scrivono quelli che, reagendo prima, obbligano gli altri ad agire nello scenario che essi creano e alle circostanze che loro impongono. La verità è che per essere efficace si deve giocare in larga misura intuitivamente. Tuttavia, quello che uno fa costituisce il linguaggio visuale con il quale si relazionano i giocatori. Tutti: compagni e rivali. I gesti denunciano – o meno – le intenzioni. 

Come controllare i gesti senza preoccuparsi di essi? 

La risposta è semplice: attraverso un lavoro tecnico adeguato. Quando un allenatore pensa alla forma più adeguata per fare i compiti abituali del gioco, non solo deve tentare di ottimizzare il risultato meccanico – la potenza e la precisione nel caso del tiro, la capacità di cambio di direzione e di ritmo nelle finte, la sicurezza nel passaggio, etc. – ma deve anche preoccuparsi dell’informazione visiva che offre il giocatore che la esegue. La tecnica, oltre a preoccuparsi dell’efficacia meccanica, deve avere il proposito di “nascondere ed ingannare”. Nel caso concreto della costruzione collettiva dell’attacco posizionale sono quattro gli aspetti tecnici – relazionati con la “malta” del gioco collettivo: il passaggio ed i fissaggi – che si devono curare particolarmente.

 

     A. Passare con “gesti brevi”

La maggior parte dei passaggi – errori tecnici a parte – si perdono a causa di intercetti dei difensori. Gli intercetti si ottengono attraverso l’anticipo, e l’anticipo del difensore è basato sull’informazione visiva che questo riceve dall’attaccante. Quando gli attaccanti hanno l’abitudine di utilizzare percorsi molto ampi di braccio per effettuare qualunque tipo di passaggio, l’informazione visiva che riceve il difensore è molto chiara ed il tempo d’esecuzione – e pertanto la reazione del rivale – molto grande. Per questo motivo il fomentare l’abitudine di passare la palla con gesti brevi e rapidi, evitando qualunque movimento superfluo, è un dettaglio tecnico di qualità che ostacola – molto più di quello che possa sembrare a prima vista – gli intercetti dei passaggi da parte dei difensori.

 

     B. Passare in tutte direzioni senza necessità di cambiare l’orientamento corporale

Suppongo che è stato già comprovato da voi con il vostro lavoro quotidiano sui campi, ma se non si è riflettuto ancora su questo dettaglio, fissatevi su quella maggioranza dei giocatori che ha la tendenza naturale di orientarsi verso dove passano. L’orientamento del loro corpo denuncia la più che probabile direzione del passaggio. E questo è un altro vantaggio per i difensori.

Attraverso il lavoro tecnico si deve ottenere che i giocatori siano capaci di passare in qualunque direzione – verso il fronte o all’indietro, verso destra o verso sinistra – mantenendo l’orientamento iniziale, senza “focalizzarsi” verso la direzione del passaggio.

 

     C. Separare sguardo/passaggi

Un altro indizio abituale che deve essere corretto con l’allenamento tecnico, è l’abitudine naturale di puntare con lo sguardo la destinazione della palla. La capacità di separare sguardo/passaggi, il passare ai compagni che stanno nel campo della visione periferica – perfino fuori dal campo visivo – senza necessità previamente di avere un contatto visivo diretto, è un altro degli obiettivi per migliorare la qualità tecnica del passaggio dei giocatori in attacco.

 

     D. Abitudini di routine del giocatore con la palla per migliorare la capacità di fissaggio.

Il giocatore con la palla è il centro di attenzione – senza pallone non c’è goal – e il modo d’agire con la palla in mano è, forse, l’informazione visiva più rilevante per il difensore. Se il giocatore che ha il possesso della palla dà “la sensazione di pericolo”, la risposta immediata dei difensori sarà quella di tentare di resistere a questa minaccia. Se, al contrario, l’informazione che arriva dal possessore di palla è quella di “assenza di rischio”, i difensori rimangono liberati per concentrarsi in altri compiti – ostacolare i possibili passaggi che diano continuità al gioco, chiudere gli spazi nelle zone di maggior rischio, aiutare i compagni, etc. Attaccare una difesa è, in essenza, arrivare a renderla vulnerabile attraverso minacce successive, concatenate in forma tale che arriva un momento in cui i difensori non possono più ammortizzare il pericolo creato.

Un solo giocatore in possesso di palla che smette di attaccare la porta è sufficiente affinché la difesa possa ammortizzare tutti gli svantaggi che aveva accumulato fino a quel momento.

Il giocatore con la palla deve dare sempre “immagine di pericolo” e sono le abitudini impostate nella sua forma di attuazione quelle che devono farlo apparire come pericoloso fino a quasi senza proporselo. Concretamente, la mia opinione è che si devono abituare i giocatori mediante il lavoro giornaliero a compiere sempre le seguenti norme nell’Attacco Posizionale: 

  • I piedi devono essere diretti verso la porta nella parte finale di qualunque azione con la palla.
  • Si deve giocare con lo sguardo diretto alla porta, è la parte finale dell’azione con la palla.
  • Nella prima linea si devono usare maggiormente passaggi armando il braccio. Questo permette di dare la sensazione permanente di attaccare la porta e deviare l’attenzione di altri propositi.

La tecnica fornisce al giocatore abitudini incoscienti che, se il lavoro è corretto, fanno si che l’immagine del giocatore sia impenetrabile durante il gioco o, almeno, fanno si che il suo agire futuro sia difficilmente pronosticabile.

  • La qualità nel fissaggio: non lasciare pensare i difensori

Qualunque giocatore normale può ottenere di fissare un difensore, deve solo tentare di andare via verso la porta con la palla e qualcuno dovrà tenergli il passo. La differenza sta che alcuni per ottenere un fissaggio necessitano avere molto tempo la palla in mano, fare molti passi e palleggi, tentare qualche tipo di finta e non so più quante altre cose; tuttavia altri sono capaci di creare molto pericolo in molto poco tempo. Nel primo caso è facile per i difensori aiutare per ammortizzare le situazioni di deficit che si possono creare.

Molto più difficile è quando gli attaccanti hanno la capacità di agire velocemente. L’obiettivo non solo deve essere quello di fissare i difensori, ma anche quello di non lasciar loro tempo per pensare le soluzioni per la nuova situazione.

Credo che sia fondamentale nella pallamano attuale avere giocatori che riescono a fissare “Con pochi passi, con pochi gesti ed usando poco tempo”. 

  • La continuità: passare con qualità

Dicevo all’inizio di questo comma che il fissaggio ed il passaggio sono la base del gioco collettivo. Ho esposto già le mie idee sui fissaggi, passo a parlarvi del seguito: il passaggio. Tutti vogliamo giocatori che “passino con qualità” e parliamo continuamente di questo. Quello che non ho molto chiaro è se quando parliamo di “qualità del passaggio” stiamo pensando alla stessa cosa, perché a volte sento riferimenti alla precisione e alla sicurezza come il paradigma che riassume la “qualità del passaggio” ed io, naturalmente non la penso così. È certo che senza precisione e senza sicurezza non possiamo assicurare che ci sia qualità in chi passa la palla, sono condizioni necessarie, ma niente affatto sufficienti.

Ci sono in realtà giocatori che non perdono un solo pallone in una partita e la cosa migliore che si può dire di loro come passatori è che sono una castagna pelata. Secondo il mio punto di vista, la differenza che segna la qualità sta nella capacità di creare pericolo con il passaggio, e questa capacità è relazionata direttamente con due fattori:

  • Sapere scegliere a chi passare.
  • Sapere superare l’opposizione che c’è al passaggio.

Non voglio dilungarmi a spiegare questi due commi perché li ho trattati già ampiamente in altre occasioni. Chi riesce a mettere palloni in zone presumibilmente più protette di un sistema difensivo, quello che riesce a convertire in pericolo imminente il giocatore che un istante prima nessuno pensava, può spezzare una difesa con la semplice azione di passare la palla ad un compagno. Una buon passatore rende pericoloso chi l’accompagna nel compito di attacco.

  • L’uso collettivo del passaggio: “Tenere a bada” la squadra rivale

Continuamente i difensori collaborano e si prestano aiuto per rinforzare le zone di pericolo immediato – normalmente la zona della palla – non lasciando che in nessun momento la superiorità circostanziale di un rivale nella lotta 1×1 provochi una situazione di gol. Il lavoro collettivo di aiuti difensivi si ostacola ed arriva a spezzarsi con una gestione adeguata del movimento della palla. Non si tratta in questo caso di spezzare la difesa con un solo passaggio brillante, bensì di gestire la continuità del gioco in forma intenzionale fino a degradare le possibilità collettive della difesa. Ci sono tre risorse per questa gestione:

 

     A.  La velocità ed i cambi di ritmo nella circolazione del pallone

La cosa prima che devo chiarire è che la velocità nella circolazione della palla non si ottiene con passaggi precipitosi, la velocità collettiva si ottiene facendo azioni molto brevi col pallone nelle mani – “pochi passi, pochi gesti, poco tempo” – e questo presenta due problemi: il primo, la capacità tecnica per potere lavorare così ed il secondo, che si deve essere molto rapido nella ricezione e nel trattamento dell’informazione.

È necessario differenziare tra velocità e precipitazione, “La rapidità, che è una virtù, genera un vizio che è la fretta”, è una frase di Gregorio Marañón che viene molto bene per illustrare quello che voglio dire.

 

    B.  I cambi sorprendenti nella direzione del passaggio

Quando la circolazione della palla prende un aspetto abitudinario, le difese si adattano di forma incosciente a questa routine. I cambi sorprendenti nella direzione di passaggio suppongono, in queste circostanze, un’alterazione che arriva in molti casi a spezzare l’equilibrio difensivo.

 

    C.  I passaggi lunghi

Succede uguale con l’introduzione di passaggi lunghi, saltando alcuni posti che presumibilmente sarebbero i destinatari dei seguenti passaggi. I giocatori che sono esperti nell’utilizzo della circolazione della palla come forma di provocazione dello squilibrio difensivo sono anche giocatori che rendono più pericolosi i loro compagni.

  • L’intervento fisico sui difensori: i blocchi

I fissaggi ed i passaggi costituiscono la base della costruzione del gioco offensivo, ma non sono gli unici elementi che si usano. Un mezzo importante nella costruzione dell’attacco è l’intervento fisico che si fa sui difensori per impedire od ostacolare i loro movimenti, cioè: i blocchi.

Si possono rendere anche più pericolosi i compagni usando questa risorsa. Mi piacerebbe evidenziare qui che nella pallamano attuale si stanno impiegando in forma più frequente tre tipi di blocchi differenti:

 

     A.  I blocchi dinamici in 2ª linea difensiva

Chi blocca agisce sul rivale del suo compagno per liberarlo e continua dopo per giocare una situazione di 2×1 contro il proprio difensore. Sono forse quelli più conosciuti ed impiegati. Si realizzano davanti alle uscite dei difensori e si approfitta dello spazio di manovra che rimane liberato per questa uscita.

BLOCCO IN SECONDA LINEA

 

     B.  I blocchi in 1ª linea difensiva per guadagnare uno spazio.

In questo tipo di blocchi chi porta il blocco interviene sul proprio avversario diretto per lasciare libero uno spazio alle spalle del giocatore che è uscito, dove egli ha vantaggio sui difensori per la ricezione della palla. Molte volte, se l’avversario esce per tentare di superare il blocco laterale, lo si blocca alle spalle guadagnando così vantaggio sui passaggi in profondità, dentro l’area dei sei metri. Questi due tipi di blocchi normalmente si realizzano principalmente con giocatori di seconda linea – o giocatori di prima che passano occasionalmente in seconda linea – a beneficio di giocatori di prima linea.

BLOCCO IN PRIMA LINEA

    C.  I blocchi “lunghi”

Sono blocchi che un giocatore realizza, in 1ª linea difensiva, sul difensore immediatamente successivo all’avversario del giocatore che si vuole liberare.

In questo modo il giocatore beneficiario cerca, con una traiettoria lunga, di superare i due o almeno di ottenere la distanza di tiro.

Questo tipo di blocco si esegue con giocatori di 1ª linea a beneficio di quelli della 2ª o, in forma inversa, con giocatori della 2ª a beneficio di quelli della 1ª ed anche tra giocatori della stessa linea.

BLOCCO LUNGO

 

       SFRUTTARE LO SPAZIO CHE GLI ALTRI CREANO

Come ho descritto le cose, sembra che tutto inizia e finisce con le intenzioni di uno solo. Ma non è così, non si parte da zero, quando un giocatore interviene agisce in uno scenario in cui ci sono più protagonisti, ciascuno con le proprie intenzioni che agiscono condizionando il gioco.

  • Agire in forma “ecologica” 

È molto comune agire quasi esclusivamente in base alle proprie intenzioni senza quasi tenere in conto che quelli che ci circondano condizionano il gioco almeno tanto quanto uno solo. La mia opinione è che il migliore modo di affrontare una partita è in forma “ecologica”, cioè, adattandosi all’ambiente nel quale uno si muove, traendo vantaggio dall’attività degli altri. Sviluppare questa capacità di adattamento deve essere un altro degli obiettivi di formazione dei giocatori per l’attacco posizionale. Nel gioco, ci sono molte cose di cui beneficiamo e bisogna sapere approfittare di esse e, allo stesso modo, bisogna sapere evitare le cose che ci pregiudicano.

  • La porta si apre per poco “tempo” 

Passo ad enumerare alcune delle cose che i compagni possono fare per far beneficiare ad uno e che ho descritto già nel comma precedente:

  • Ampliamento dello spazio di manovra utile.
  • Smarcamento indiretto attraverso un fissaggio sull’avversario indiretto.
  • Smarcamento diretto per facilitare un passaggio da gol.
  • Liberare dal rivale diretto attraverso un incrocio.
  • Liberare del rivale con un blocco.
  • Creazione di uno spazio di passaggio mediante un blocco in 1ª linea difensiva.
  • Creazione di possibilità di penetrazione o di ottenimento della distanza di tiro mediante un blocco “lungo”.

Ed altre ancora che potrebbero accaderci. La riflessione che faccio è che, a parte insegnare a farle, bisogna insegnare ad approfittare di esse. Quante partite vediamo dove le opportunità appaiono e nessuno è capace di approfittarne. Ma non è tanto facile. Il problema è che il beneficio di queste azioni dura molto poco come tempo e, o si agisce in tempo utile, o l’opportunità sparisce. Ed è molto difficile intervenire in tempo utile se ho nel repertorio molte possibilità e non so qual è quella da fare. È come se fossimo rinchiusi in una stanza con sette o otto porte e volessimo scappare. La porta si apre solo per un paio di secondi, non molto, ed a volte solo alcuni decimi. Se non sappiamo quale è la porta che si aprirà, o almeno abbiamo qualche dato sulle probabilità che si apra una o un’altra, è molto probabile che falliamo nel tentativo di fuggire.

Impostare il gioco d’attacco in una forma astratta, con concetti generali che i giocatori conoscono, ma con tutte le “porte chiuse” senza avere la benché minima idea di quale sarà l’opzione che apparirà e sperare che il giocatore si adatti quanto prima e sia capace di apprezzare e sfruttare in un istante quando un compagno gli allarga uno spazio o gli fa un blocco lungo, è peccare di ottimismo. Credo che la strada è piuttosto al contrario, bisogna partire da situazioni molto concrete ed a poco a poco continuare a generalizzarle. Solo così i giocatori possono arrivare a continuare a dominare la situazione globale.

 

      UN RIASSUNTO IN POCHE PAROLE 

Continuo ad arrivare alla fine ed ho la sensazione che ho parlato di molte cose che realmente possono dirsi in poche parole, o meglio, in poche parole e uno schema. Secondo il mio punto di vista, un buon giocatore per l’attacco posizionale deve avere tre caratteristiche:

  • Essere loro stessi un pericolo.
  • Rendere, col suo gioco, pericolosi i compagni.
  • Approfittare dei vantaggi che i compagni creano per lui.

Per rendersi pericoloso è fondamentale che abbia una grande capacità di tiro ma anche, che sia capace a conquistare situazioni per tirare. Con l’utilizzo intelligente dei fissaggi e dei passaggi può creare molti vantaggi per i compagni, ma per questo proposito anche può utilizzare il contatto fisico con i difensori (blocchi). Non deve agire come se fosse il centro del mondo, è pericoloso e rende pericolosi gli altri, ma si adatta ed è capace di trarre vantaggio dai vantaggi che gli altri creano in suo favore.

 

     FINE DEL BILANCIO

Ho iniziato parlando dei giocatori spagnoli e sono rimasto a metà. Avevo detto, mi sembra, che nella cosa relazionata col rendersi pericolosi nell’attacco posizionale non avevamo molto da invidiare ad altri paesi. Ma continuai l’articolo e sembra che mi sia dimenticato di loro. Non ho dimenticato, quello che ho fatto è lasciare per la fine quello che credo siano le nostre prove da superare, o almeno nelle quali non siamo fermi oltre la sufficienza. Ma andiamo per parti. Penso che in quello relativo a “Sfruttare le occasioni che gli altri creano” negli ultimi anni si è migliorati molto. Tuttavia, si ha più fiducia nelle propria forze che in quello che possa procurare l’appoggio degli altri, e questo si osserva soprattutto nei momenti decisivi, nei quali alcuni giocatori, in caso di dubbio, normalmente optano per cercare soluzioni ricorrendo alle proprie forze, senza appoggiarsi ai loro compagni. Tuttavia, vediamo molte fasi del gioco dove sistematicamente approfittano del lavoro di quelli a fianco. Ci rimane un’ultima domanda: In generale, i giocatori spagnoli sono capaci a rendere pericolosi i compagni? 

Ci sono sempre eccezioni, ma la mia opinione è che questo è il campo dove più dobbiamo migliorare. È vero che ci sono molte cose chi qui ho descritto che si fanno, inoltre, ho visto evoluzioni sorprendenti. Per esempio ho assistito alla Copa del Re a Pontevedra dopo vari mesi di assenza dalla Spagna e sono rimasto impressionato dall’evoluzione del gioco di Iker Romero in questo senso, lui che era quasi la bandiera dell’individualismo.

Tuttavia, dobbiamo riconoscere che, in generale, i giocatori di massimo livello del nostro paese giocano molto più concentrati sulle loro opzioni personali che in quelle dei loro compagni. Non è che penso che un giocatore debba essere eternamente generoso ed anteporre le opzioni degli altri alle proprie, inoltre, il giocatore che lavora solo per gli altri, senza lui stesso essere pericoloso, mi sembra perfino peggio. Non mi piacerebbe essere male interpretato, perché corriamo anche il pericolo di perdere quello che abbiamo e non compensarlo con i progressi che otteniamo dall’altra parte. Non propugno una rivoluzione, solo credo che quello che si fa può essere migliorato se gli aggiungiamo altri ingredienti ed anche siamo capaci di non perdere un apice del nostro potere individuale. Come credo sempre che la virtù sta nel raggiungere l’equilibrio: Essere pericoloso ma anche rendere pericolosi agli altri, la chiave sta nel GIOCARE E FAR GIOCARE.