La parata alta dai 9m: a una o a due mani?

LUIGI MALAVASI

 

Da ragazzo ho avuto la fortuna di lavorare con diversi allenatori – tra club e nazionali giovanili –, potendo così valutare concretamente sul campo differenti scuole di pensiero. Giunto al termine del mio percorso come giocatore, mi sento di poter affermare che è bene non fossilizzarsi assecondando un’unica visione delle cose, magari con la motivazione che «ai miei tempi mi hanno insegnato così».

Questa premessa è d’obbligo – credo – allorché si tenti di illustrare con serietà il problema della parata alta sui tiri da lontano. Nel corso della mia carriera, infatti, ho spesso avuto a che fare con allenatori integralisti, divisi tra il partito della parata rigorosamente a due mani e quelli della parata (altrettanto rigorosamente) ad una mano. Come uscire, pertanto, dall’impasse?

Per prima cosa, penso sia utile valutare, nella maniera più oggettiva possibile, i pro e i contro di entrambe le tecniche:

 

  • Parata a due mani

 

Questa tecnica offre due evidenti vantaggi: una maggiore copertura e una più estesa superficie di impatto con la palla. Di contro, la parata a due mani è fisiologicamente più lenta di quella ad una mano e, se mal eseguita, può indurre il portiere a girare il volto di lato, con conseguente perdita del contatto visivo con il pallone. Infine, può capitare che il braccio “di richiamo” vada a coprire – in parte o del tutto – la visuale.

 

  • Parata ad una mano

 

In questo caso il vantaggio è legato essenzialmente alla velocità di esecuzione del movimento di parata e alla possibilità di raggiungere agilmente i tiri distanti dalla figura del portiere. Per converso, si riducono la copertura e la superficie di impatto.

 

Posta in questi termini la questione, credo si possa ritenere consigliabile rifuggire dagli schematismi, in un senso e nell’altro. Per un allenatore, la priorità dovrebbe essere quella di insegnare correttamente entrambe le tecniche, a partire dal presupposto che, nello sport, non esistono mai regole assolute e immodificabili.

Ciò non significa, ad ogni modo, che non si debbano dettare alcune linee guida, fermo restando il principio che, in determinati casi, è bene accettare che il portiere – in base alle sue caratteristiche fisiche – possa personalizzare una particolare soluzione tattica differente.

Personalmente, il consiglio – non  obbligo – che do ai miei ragazzi è sintetizzabile nel modo seguente: più la palla è lontana dalla mano (a partire dalla posizione fondamentale), più è probabile che risulti efficace (e talvolta inevitabile) la parata ad una mano; al contrario, con la palla vicina alla mano, la soluzione a due mani è preferibile.

In concreto, volendo fornire un esempio pratico, possiamo evocare il concetto del “regime della linea curva” (intendendo con questa espressione il comportamento tenuto dal portiere sui tiri scagliati da uno dei due quarti di circonferenza – o comunque in prossimità di uno dei due quarti di circonferenza – che formano la linea dei 6m): in breve, se un tiro è effettuato in regime di linea curva è preferibile parare a due mani, dal momento che una corretta posizione del corpo consente già di per sé di chiudere bene la porta (vedi video 1); se invece il tiro viene scagliato dalla zona centrale, la parata ad una mano risulterà spesso inevitabile (dal momento che il portiere deve coprire rapidamente una porzione di porta più lontana rispetto alla sua posizione di partenza) (vedi video 2). Poi, certo, esistono casi al limite… (vedi video 3)

Un’ultima considerazione – valida soprattutto per i tiri dalla zona centrale, per i quali in condizioni normali è difficile pensare di poter impattare bene a due mani – riguarda infine la scelta dell’anticipo. Se il portiere, cioè, riesce ad anticipare il tiro, è bene che pari a due mani, al fine di coprire più porta possibile; al contrario, senza anticipo o nel caso di parate d’istinto o in contro tempo, l’intervento ad una mano risulterà pressoché inevitabile.